OM E FOSFENISMO

OM

Il mantra OM, o pranava mantra, è il primo di tutti i mantra. Il suo utilizzo è comune a varie tradizioni, per quanto lontane nel tempo e nello spazio, come il buddhismo, lo zoroastrianismo o il druidismo celtico. E’ a causa di errori di traduzione che questo fatto è rimasto nascosto.

Il mantra OM è una vibrazione e, poiché tutte le vibrazioni sono per essenza un ritmo, può essere interessante sviluppare questo concetto alla luce delle scoperte di un medico francese, il Dottor Francis LEFEBURE. In effetti le sue scoperte in fisiologia cerebrale possono rivoluzionare la nostra comprensione dei meccanismi iniziatici.

Il Dr LEFEBURE ha studiato a lungo i rapporti tra i ritmi dei fosfeni e i riti religiosi. I fosfeni sono tutte le sensazioni luminose soggettive, cioè quelle che non sono direttamente causate dalla luce che stimola la retina. Corrispondono a ciò che gli oftalmologi chiamano immagini di persistenza retinica o post-immagini.
Con l’ausilio dei fosfeni, il Dr LEFEBURE ha messo in evidenza dei ritmi cerebrali sconosciuti fino ad allora. In effetti, esiste una relazione particolare tra i fosfeni e i ritmi del cervello, tra la luce e i ritmi.

I fosfeni si comportano in maniera ritmica: pulsano, vibrano, si alternano o oscillano. Prodotti dall’azione della luce sul cervello, sono ad immagine del lavoro ritmico del sistema nervoso. Si adattano in maniera soggettiva ai ritmi del pensiero e permettono di misurarli con precisione.

Nondimeno, i fosfeni hanno anche un’azione profonda e misteriosa sul sistema nervoso. In effetti, se si pensa nello stesso momento in cui si osserva un fosfene è, al contrario, il pensiero che tenderà a prendere i ritmi naturali dei fosfeni.
Sono dunque i ritmi dei fosfeni che andranno ad indurre i ritmi delle preghiere, dei canti, dei mantra o delle musiche sacre, generando nel corpo delle correnti di energia che si esteriorizzeranno con danze e posture.

Riassumendo, sono le preghiere con fissazione di sorgenti luminose che sono all’origine di tutti i riti religiosi.

Nel suo libro «OM e i mantra», il Dr LEFEBURE fa un’analisi scientifica pertinente del mantra OM, mettendo in evidenza numerosi rapporti tra la fisiologia umana e la sonorità del mantra OM.
Il mantra OM non è stato sviluppato per caso, e la sua analisi da parte del Dr LEFEBURE apporta un bel po’ di informazioni sulle ragioni del suo sviluppo.
Estratto di «OM e i mantra»:

ANALISI MORFOLOGICA DEL MANTRA OM

Studiamo qui il pranava mantra, o primo di tutti i mantra, nella sua ortografia semplice di O e di M. Vedremo più oltre il suo secondo aspetto, che si scrive AUM. Notiamo peraltro da subito che la lettera sanscrita A e la lettera U si pronunciano insieme come il fonema [O], di modo che, qualunque sia l’ortografia adottata, non ci sono dubbi che la vera pronuncia sia OM. E’ quella che ci è stata indicata dal nostro maestro zoroastriano, Arthème Galip, e che ci è stata confermata più di una volta da degli indù.

Notiamo che la vocale [O] è ottenuta disponendo le labbra in modo che assumano una forma più simile a quella di un cerchio di quanto non succeda per qualsiasi altra vocale; meglio ancora, incurvando leggermente la punta della lingua verso l’alto, di modo che la cavità buccale sembra modellarsi intorno ad una sfera immaginaria.
Il solo fonema [M], pronunciato allo stato puro, è al contrario ottenuto con il riposo completo di tutti i muscoli degli organi della fonazione: è il brusio a bocca chiusa, labbra distese, velo palatale abbassato.

Noteremo che la disposizione delle labbra a cerchio genera delle onde circolari nell’aria, ovvero le più semplici possibili. Tutto succede come se si facesse cadere un cerchio orizzontalmente nell’acqua.

Queste onde circolari, centrate nella zona del punto di caduta, assumono l’aspetto di una sinusoide, su una sezione verticale passante per questo punto; per questo esse formano delle ondine sull’acqua. La forma sinusoidale è la più semplice tra l’infinità delle possibili forme di vibrazione, che sono sempre nient’altro che dei complessi di sinusoidi, come si dimostra in fisica (con le «Serie di Fourier»).

Cominciamo già a rilevare le opposizioni tra il fonema [O] e il fonema [M], perché nel corso della pronuncia di quest’ultimo, le labbra sono chiuse e l’aria è spinta verso le fosse nasali. Queste costituiscono la cavità ossea più irregolare dell’organismo, a causa dei tre cornetti, molto torniti, che contribuiscono a filtrare l’aria durante la respirazione. Inoltre, i seni, principalmente quelli mascellari e frontali, costituiscono delle casse di risonanza dalle forme capricciose.

Di conseguenza, la vibrazione che sale dalla corda vocale e che segue questo tragitto, produrrà un massimo di armoniche, e di note soprannumerarie, a seguito delle vibrazioni ossee che vanno a rinforzare le vibrazioni aeree.

Ci si può fare un’idea dell’importanza delle vibrazioni ossee nella pronuncia del fonema [M], posando una mano sulla fontanella anteriore di un neonato che vagisce. Osserviamo che il suo grido è molto prossimo al fonema [M], o più esattamente al fonema [N]. Il neonato fa dei «Ouinnn» molto prolungati, portando molto in avanti il velo palatale, cosa che ha l’effetto di respingere l’aria verso il naso ancora di più del fonema [M].

Quando studieremo il valore dei fonemi in quanto mantra, vedremo che l’aria così proiettata più in alto, fa vibrare più il seno frontale del seno mascellare. Essendo il primo più piccolo, restituisce un suono più acuto, ed ecco perché il fonema [N] è molto prossimo al fonema [M], pur contenendo una maggiore proporzione di acuti.
Ora, quando si posa la mano sulla fontanella di un bambino che grida «Ouinnn», si rimane stupiti dell’intensità delle vibrazioni percepite dal palmo. Quando più tardi la fontanella si sarà chiusa, le vibrazioni del liquido cefalo-rachidiano soggiacente saranno più forti perché la loro energia non può più disperdersi attraverso la fontanella. Rimangono quindi imprigionate, percorrendo la superficie della corteccia. Questa esperienza così semplice, mette bene in evidenza come il canto, in linea generale, è uno stimolante della superficie del cervello, ma anche quanto la scelta di un mantra destinato ad essere ripetuto ad alta voce ha la sua importanza perché ogni fonema andrà a generare onde diverse che percorreranno la corteccia e, per questo, potranno influenzare il pensiero in un senso legato al suono scelto.

Andremo a dare a questa nozione di opposizione tra la semplicità del fonema [O], che è la più grande possibile nell’ambito delle vocali, e la complessità del fonema [M], superiore a quella di tutte le altre vibrazioni del linguaggio, una base fisica e sperimentale attraverso l’analisi all’oscilloscopio catodico.

Il modello di oscilloscopio più conosciuto è la televisione; quello che utilizzeremo è molto più semplice; l’antenna è rimpiazzata da un microfono davanti al quale vengono vocalizzati i suoni da analizzare. Questi generano una corrente le cui vibrazioni appaiono sullo schermo sotto forma di curve. Con una corretta disposizione degli elettrodi e una corretta regolazione, la curva che appare sullo schermo è esattamente quella descritta dalle molecole d’aria nell’atmosfera.

L’aspetto sarà diverso a seconda della disposizione degli elettrodi, così come le onde avranno un aspetto diverso in televisione a seconda che la telecamera sia diretta verso di essa, al di sopra, dall’alto di un aereo, o lateralmente.

Ora, per una certa disposizione degli elettrodi, il fonema [O] si traduce sull’oscillografo catodico in un cerchio. Si può così controllare la perfezione della sua emissione sorvegliando la forma della figura e facendo variare la voce, fino a quando la forma non diventa un cerchio praticamente perfetto.

In quel momento, la vocale emessa è tipicamente una [O]. Per un’altra disposizione degli elettrodi, la forma emessa è una sinusoide, cioè la curva dell’onda.

Se ora analizziamo all’oscillografo catodico il fonema [M], cioè il brusio a bocca chiusa, otteniamo un quadrato molto preciso. Questo si apparenta con ciò che in elettronica viene chiamato «segnale quadrato».

L’analisi con l’oscilloscopio catodico ci porta dunque a tradurre geometricamente il suono [OM] con un cerchio all’interno di un quadrato. Abbiamo così una RISONANZA ANALOGICA perfetta tra il suono e la forma. Notiamo che questo ricorda anche la struttura dei mandala.

Esercizio di pratica dell’OM

Fate un fosfene, fissando la lampada fosfenica per trenta secondi.
Chiudete gli occhi.
Recitate il mantra OM.
Osservate l’influenza di questo mantra sui colori del fosfene.
Il fosfene è più luminoso?

Per informazioni più precise sulla recitazione del mantra OM, riferitevi all’opera del Dr LEFEBURE: «OM e i mantra, il nome naturale di Dio».